giovedì 27 ottobre 2011

Le tre di notte e le gare di moto.

Quando andavo alle superiori ero un'appassionata-malata di motociclismo. Roba da mettermi la sveglia alle tre di notte per seguire in diretta le gare della 125 o 250. La MotoGp me la guardavo pure in differita, ma Manuel Poggiali lo dovevo vedere in diretta.

E così nella notte mi svegliavo, prendevo il plaid perché faceva sempre freddo e andavo sul divano a guardarmi la corsa. E mi ricordo che le prime due gare in 250 Manuel le ha vinte tutte e due. E io non potevo manco gridare perché erano pur sempre le tre di mattina.

Dopo tornavo a dormire, fino alle nove più o meno. E mia madre mi chiedeva com'era andata, perché tanto si svegliava pure se non facevo casino.

La costante di quelle gare però, sapete qual era? La paura che succedesse qualcosa, la paura che Manuel scivolasse, la paura che perdesse l'anteriore, la paura che Meda gridasse qualcosa di insensato e sconnesso.

Ma non è mai successo. E Manuel ha voluto togliermi quella paura smettendo di correre. Portandosi via anche un po' della mia passione per le moto. Questo è quello che penso. Oggi. Così.

XuNie

sabato 22 ottobre 2011

Lay it down slow, lay it down free.


Questo non potrà mai portarcelo via nessuno.

If you got dreams in your heart
why don't you share them with me?
And if dreams don't come true
I'll make sure that your nightmares
are through.

If you got pain in your heart
why don't you share it with me?
And we'll just wait and see
if it's half what it used to be.

And lay it down slow,
lay it down free,
lay it down easy,
but lay it on me.

If you've got love in your heart
why don't you keep it with mine?
I can't promise a miracle,
but i'll always be trying.

And lay it down slow,
lay it down free,
lay it down easy,
but lay it on me.

Lay it down easy,
lay it on me.

Lay it down easy,
but lay it on me.


Lay it down slow - Spiritualized

mercoledì 19 ottobre 2011

Neville Paciock è morto.


Oggi a pranzo discutendo con la mia coinquilina ho scoperto che da poco è uscita una versione ri-tradotta di Harry Potter e la Pietra Filosofale.
Stefano Bartezzaghi, celebre e conclamato enigmista (non Saw, l'altro genere di enigmista!) si è preso la briga di rivedere e correggere le incongruenze che erano sorte all'interno della saga che, come è noto, era stata tradotta man mano che i maxi-capitoli vedevano la luce.
E così, al posto della solita "nota alla traduzione italiana" di Serena Daniele, appare stavolta la "nota alla nuova edizione" a cura di.

Dopo l'iniziale captatio benevolentiae, i nuovi curatori iniziano a spiegare le ragioni che li hanno portati ad operare i cambiamenti nel primo libro. La prima su tutte è che proprio a causa del modo in cui sono stati tradotti i 7 libri, si è pensato di rileggerli per "correggere" eventuali errori o incongruenze tra di essi. Fin qui ci sto. Andiamo avanti.

Subito dopo viene spiegato che nella traduzione per l'infanzia spesso si cerca di rendere i nomi tradotti tanto evocativi quanto lo erano quelli originali (mai sentito parlare di nomi parlanti?), com'è ad esempio il caso di Donald Duck che diventa Paperino per i bambini dello Stivale. Questo procedimento è volto ad aprire nella mente del bambino un quadro delle caratteristiche del personaggio ancor prima di aver letto una sola parola su di esso.
A questo punto i redattori spiegano come il celebre Neville Longbottom, ragazzo goffo e cicciottello cresciuto dalla nonna, sia diventato Neville Paciock. A mio parere la traduzione è GENIALE. Secondo i curatori, però, poiché nelle ultime fasi della storia il personaggio assume un'altra veste che potrebbe essere definita "eroica", questo nome non gli sta più bene. Quindi è stato deciso di riportarlo nella versione originale. E cioè, di mettere un bambino di 11 anni davanti alla parola LONGBOTTOM che per lui non significa assolutamente NULLA. Non evoca niente. Il mio modestissimo parere, detto francamente, è che quel nome andava lasciato lì dov'era in primo luogo perché seppure eroico, Neville resta sempre il ragazzo semplice che è all'inizio e in secondo luogo perché il lasciar quel nome poteva essere visto come una "maturazione" del personaggio che tramite gli insegnamenti e i valori appresi durante gli anni di scuola, da brutto anatroccolo si trasforma in cigno.

Successivamente, si passa alla "preoccupante" situazione che riguarda le quattro case di Hogwarts. Il problema risiede nel fatto che le traduzioni italiane contengono connotazioni cromatiche che non sono presenti nei corrispondenti inglesi. Apparentemente i nomi italiani non rispecchiavano i colori originali degli stemmi delle singole case. La soluzione è stata cambiarne uno solo "liberandosi dallo schema da seguire". Io non l'avrei fatto. Perché quelle connotazioni cromatiche contenute in tutti i nomi, davano una certa coerenza e continuità alla traduzione. E cambiarne solo uno non ha senso. Soprattutto se la parola scelta è Tassofrasso, che non significa niente.

Oliver Wood, il professor Quirrel, Zanna (che tra l'altro rimanda al vecchio Zanna Bianca che qui non c'entra), la professoressa McGonagall, Crabbe, Mrs Norris, Filch, Longbottom sono un universo chiuso davanti agli occhi di un undicenne che sfoglia le pagine del libro per la prima volta.
E oltretutto non combaciano coi ben noti nomi dei personaggi facenti parte dei film record di incassi al cinema. Se ci pensiamo, sarebbe assurdo creare al giorno d'oggi un bambolotto di Harry Potter che non abbia le sembianze di Daniel Radcliffe, no?

Inizialmente non ero una gran fan di Harry Potter, ma poi, man mano che andavo avanti con la lettura, mi sono soffermata a riflettere sulla genialità di chi l'ha scritto e anche su quella di chi l'ha tradotto. I nomi delle case, con le loro assonanze e il metro linguistico, i nomi evocativi, i "suoni e visioni" della versione originale trasmessi nella versione tradotta, aprivano nella mente del lettore un universo nuovo, inesistente eppure così vicino.

Non ho ancora letto la nuova versione de "la Pietra Filosofale" e voglio darle una chance. Ma con certezza posso affermare che Oliver Wood non prenderà mai il posto che nel mio cuore è riservato da sempre ad Oliver Baston.

Come La Vedo Io,
XuNie

mercoledì 12 ottobre 2011

Seconda stella a destra...


Com'è che si intitola quella canzone? An end has a start? Beh in questo post io voglio parlare del contrario. A start has an end, sadly.

Senza neanche sfociare in parole deprimenti e banali, tutto (o quasi) finisce prima o poi. E non è necessariamente un male.

A volte qualcosa che finisce significa che un po' si cresce.

Finiscono i giorni dell'adolescenza e del liceo, dove tutto è fico o togo e dove guardando un ragazzo e si dice che bono. Finiscono i giorni in cui le amiche cercano di convincerti che se ti ha guardata è perdutamente innamorato di te (e magari guardava un punto indefinito nello spazio). E finiscono pure le interminabili discussioni su "cosa mi metto per la festa di X?" o le congetture sui mille perché che possono aver portato una persona ad agire in un determinato modo. O le risatine isteriche per uno squillo ricevuto sul cellulare.

Si cresce.

E queste cose non contano più.

Si arriva ad un punto in cui le uniche cose che contano sono quelle reali, tangibili. Dove l'Isola che non c'è lascia il posto a qualcosa che ci sarà. Dove un'offerta di lavoro è più importante del regalo col cuoricino a pois ricevuto per San Valentino. Dove trovarsi una persona con cui condividere la vita e un posto dove stare scavalcano quello stato scritto su Facebook "proprio in quel giorno in cui...".

Le congetture in fondo non portano molto in là. I fatti sì.
E se non siamo abbastanza svegli da accorgercene da soli, forse le persone che ci stanno accanto dovrebbero aprirci gli occhi, per evitare che restiamo rinchiusi nella favoletta della quarta superiore, dove la massima preoccupazione è prendersi un cellulare nuovo di zecca per non sfigurare.
La vita è qui, è ora. Anche se amiamo la nostra casa, la nostra famiglia, a volte è necessario lasciarle indietro per costruire qualcosa di reale. Ma l'amore di sicuro non si dimentica per colpa di qualche centinaio di chilometri. Grazie a tutto quello che abbiamo vissuto, alle persone che abbiamo incontrato, possediamo tutto quello di cui abbiamo bisogno per costruire qualcosa di nostro. Cambiano le storie, cambiano i rapporti, cambiamo persino noi. Ma questa è una conseguenza naturale della vita perché l'adolescenza non può durare per sempre, tutto si evolve per non morire. E non dobbiamo averne paura. Perché prima o poi si deve crescere e smetterla di misurare l'affetto in base alla quantità di cuoricini trasmessi via social network.

This Is How I See It X

martedì 4 ottobre 2011

1+1+1... fa 365!


Eh sì... è successo proprio per caso.
Ma è sempre così, no? Le cose succedono quando meno te le aspetti.

Un po' come è successo a me. Un anno fa non pensavo mai che potesse succedere ed invece mi trovo qui, un anno dopo, testimone di qualcosa che dura ancora dopo tutto questo tempo.
Quando inizi una storia con qualcuno non sai mai come andrà. Ti chiedi sempre se funzionerà, per quanto, se lui sia quello giusto... e io dopo 365 giorni tondi tondi posso dire di aver fatto centro.


IO E IL MIO AMORE SIAMO FELICI DI ANNUNCIARE IL NOSTRO PRIMO ANNO INSIEME :)

Queste cose si costruiscono così, un passo dopo l'altro, possibilmente senza pensare troppo al futuro, ma dandogli fiducia.
Essere arrivati fin qui significa molto per me, ma so anche che questo è solo il primo mattoncino di una vita insieme e che ci saranno tante altre sfide ad aspettarci. Ma se sapremo gestirle come abbiamo fatto finora, probabilmente avremo quello che entrambi desideriamo: la felicità insieme.

I LOVE YOU HONEY!!!

XuNie